Mantra. Il potere del suono. Dialogo con Massimo Shivam Sundaram Sarti

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Massimo Shivam Sundaram Sarti è insegnante di yoga e collabora con il Centro Natura proponendo seminari di mantra.

 

Virginia: Grazie, innanzitutto, per aver accolto l’invito a questo dialogo. Nello yoga tradizionale l’uso di suoni rituali e di mantra erano aspetti fondamentali della pratica, diventati poi secondari nello sviluppo dello yoga moderno, incentrato soprattutto sul corpo e sul movimento. Oggi assistiamo a un grande ritorno di interesse verso queste pratiche e a un’importante valorizzazione di quello che può essere definito in modo molto ampio lo yoga del suono. Insieme proveremo qui a delineare qualche prospettiva di approfondimento, focalizzandoci in particolare sulla storia e sulle funzioni del mantra. Ma prima di entrare nel dettaglio mi piacerebbe partire da te: come ti sei avvicinato alla pratica del mantra e cosa ha significato integrarla nel tuo percorso umano e di insegnante?

Massimo: Ho cominciato a utilizzare i mantra nella pratica quotidiana dal 2008 subito dopo avere iniziato a praticare yoga Kundalini di Yogi Bhajan. In tale stile di yoga l’uso dei mantra è molto comune. Si tratta di mantra appartenenti alla tradizione Sikh, tratti dal Guru Granth Sahib, il libro sacro per la religione Sikh, e dai Gurbani, altri testi di riferimento per la religione Sikh. Dopo qualche mese, mi sono procurato del materiale testuale e audio e ho cominciato a imparare a memoria molti dei mantra utilizzati nelle pratiche e a indagarne il significato. Non nego che sia stato un processo impegnativo, ma cominciava a darmi soddisfazione e la possibilità di ripetere questi mantra anche fuori casa in occasioni che me lo permettevano, per esempio guidando o in attesa di un mezzo pubblico o di un servizio; un modo di portare la pratica dello yoga nell’agire quotidiano. Nel 2014 ho incontrato il mio attuale maestro, Yogrishi Vishvketu, ideatore dello stile di yoga Akhanda che è basato sulla tradizione tramandata dal lignaggio degli yogi Nath di cui facciamo parte e sulla filosofia non dualistica (Advaita Vedanta). Ho quindi cominciato a conoscere e praticare mantra della tradizione Vedica e Tantrica, che sono quelli che propongo nelle mie lezioni e nei miei seminari. Per quanto io consideri di avere ancora moltissima strada da fare in questa direzione, ho certamente tratto considerevoli benefici dell’esperienza fatta fino a oggi. Nella mia evoluzione personale, mi è difficile distinguere ciò che deriva dall’uso dei mantra da quello che deriva dalle pratiche di asana e pranayama ma certamente l’uso dei mantra è uno strumento in più a disposizione di chi, magari per limitazioni fisiche, non ha la possibilità di praticare asana. Anche per questo, oltre sei anni fa, ho cominciato a proporre lezioni e seminari incentrati sui mantra ricevendo sempre riscontri positivi da parte di chi partecipava. L’uso dei mantra mi aiuta a mitigare la mia iperattività intellettuale e a riposare la mente. Oggi costituisce uno dei pilastri della mia pratica mattutina e contribuisce a farmi affrontare le giornate con maggior energia, lucidità, pazienza e compassione. Per questo sono entusiasta di condividere la mia esperienza e la conoscenza acquisita e di offrire strumenti utili per avviare una propria pratica.

 

Virginia: Nei tuoi seminari sottolinei sempre l’importanza della preparazione corporea e del passare attraverso asana e pranayama prima di entrare nel vivo della pratica sonora, qual è la relazione tra corpo e suono?

Massimo: Nei seminari sui mantra includo sempre delle pratiche fisiche sufficientemente semplici da potere essere eseguite da chiunque. Immancabili sono alcune pratiche fisiche per sciogliere le anche, la spina dorsale, il collo e la gola in modo da favorire una posizione seduta comoda con la schiena dritta, che deve essere mantenuta per diversi minuti. Se possibile aggiungo asana specifiche per il quinto chakra, quello della gola e della fonazione, e pratiche di pranayama per sciogliere il respiro che certamente è fondamentale nell’emissione di suoni, oltre che per ragioni energetiche. Questo ci permette di introdurre anche la relazione tra spanda, la pulsazione che genera il cosmo, e i mantra, che è uno dei temi che affronto nei seminari e che trovo estremamente affascinante. Akhanda, il nome dello stile di yoga che propone il mio maestro, significa letteralmente “intero” ovvero completo, olistico. Nelle pratiche, che siano più incentrate sugli asana oppure sul pranayama oppure sul lavoro con il suono e con i mantra, inseriamo sempre tutti gli elementi citati e cerchiamo anche di offrire una ispirazione filosofica (spesso tratta dagli Yoga Sutra di Patanjali o da Veda e Upanishad) che guidi la nostra intenzione nella pratica e qualche momento di silenzio per lasciare spazio alla meditazione. Tutto ciò coopera all’allineamento del nostro corpo fisico, del nostro respiro (e quindi del corpo pranico) e delle nostre vibrazioni mentali con l’universo fatto di vibrazioni di cui facciamo parte, innescando una risonanza virtuosa. Per concludere con una metafora, se non siamo in allineamento risonante con spanda è come se nuotassimo controcorrente, facendo quindi un grande sforzo. Se siamo in allineamento con spanda, possiamo farci trasportare dalla corrente, impiegando energia solo per determinare la direzione. Più comodo, no?

 

Virginia: Credo che la nostra mente al mattino abbia una qualità speciale, perché è ancora sospesa nella profondità della notte e non si è ancora del tutto immedesimata nell’identità e nei ruoli con cui viviamo. Penso al continuo chiacchiericcio della nostra mente, a quel parlottare indefinito di cui diventiamo sempre più consapevoli attraverso la pratica. È su di esso che il mantra agisce innestando suoni specifici?

Massimo: Sì, dopo il sonno di solito la mente è più quieta e il lavoro con i mantra è più agevole. Molto dipende anche dalla qualità del sonno e dei sogni che comunque normalmente migliorano anch’essi con la pratica in un circolo virtuoso. Altri fattori che facilitano la pratica sono, per esempio, l’orario e il luogo. È consigliabile praticare a un orario fisso, possibilmente prima del sorgere del sole e meglio se in un luogo dedicato. I mantra agiscono rimuovendo i samskara, schemi mentali consolidati che ostacolano la consapevolezza del nostro sé profondo. Lo fanno attraverso la vibrazione sonora udibile dall’orecchio fisico, se ripetuti a voce alta, o da quello interno, se ripetuti mentalmente, aumentando la sintonia tra le nostre vibrazioni e quelle dell’universo che ci circonda. Praticandolo costantemente, un mantra si può “installare” nella nostra mente che continua a ripeterlo sullo sfondo della nostra attività mentale, continuando così a lavorare a livello profondo.

 

Virginia: Una delle traduzioni della parola mantra è “protezione della mente” o “strumento di pensiero” e come tu ci hai spiegato i mantra possono essere considerati un sostegno prezioso per acquietare la nostra (iper)attività mentale e permettere alla mente di riposare e riassorbirsi. Vuoi dirci qualcosa di più di questo processo e dell’importanza della ripetizione?

Massimo: Ci sono ampi studi etimologici sulla parola mantra; in sintesi e semplificando essa unisce la radice man-, pensiero, con tra che significa strumento. Ma non è uno strumento per pensare, bensì uno strumento per acquietare il pensiero; come dice un mio maestro, per “pettinare” i pensieri. Inoltre, l’efficacia della pratica dei mantra va oltre l’effetto immediato di calmare la nostra mente; con la pratica continua si lavora su livelli più profondi, producendo effetti più lentamente, ma in maniera più consolidata. La ripetizione è di fatto a sua volta una vibrazione, un fenomeno ciclico che produce un “ambiente” mentale minimale e risonante con il campo energetico del mantra che si sta usando. L’intento è di concentrare la mente solo sul mantra, su poche parole che si susseguono ciclicamente. Facendo riferimento agli Yoga Sutra di Patanjali, un esercizio di dharana ovvero di concentrazione.

 

Virginia: Nella tua esperienza porti avanti due tradizioni diverse, come quella Vedica e quella Tantrica. Quali sono gli elementi di continuità e le differenze che hai riconosciuto nel tuo percorso? Che relazione hanno le due tradizioni con altri aspetti come l’inno, la preghiera o la devozione per una divinità?

Massimo: Nello yoga Akhanda utilizziamo sia mantra provenienti dalla tradizione Vedica che mantra provenienti dalla tradizione Tantrica, ma non di matrice buddhista; piuttosto derivanti dallo Shivaismo Tantrico del Kashmir. I primi sono tratti da testi quali i Veda stessi, le Upanishad, i Purana e così via. Possiamo considerarli lodi o invocazioni, se vogliamo preghiere, rivolte spesso a un Divino generico. Si tratta quindi di mantra che hanno un significato esplicito. Per esempio, il mantra Mahamrityunjaya è tratto dal Rigveda ma si trova anche nel Yajurveda; è un inno rivolto a Shiva che lo loda (Sugandhiṁ Puṣṭivardhanam – fragranza spirituale che porta prosperità) e che invoca liberazione spirituale (Mr̥tyōrmukṣīya Mā’mr̥tāt – liberaci dagli attaccamenti al mondo materiale e portaci nella dimensione eterna). I mantra derivanti dalla tradizione Tantrica, invece, spesso non hanno un significato esplicito; sono più brevi, talvolta costituiti da una sola sillaba (bija mantra ovvero mantra seme) e agiscono principalmente sul piano energetico. Nello yoga Akhanda utilizziamo molto i mantra seme associati ai chakra, ovvero Lam, Vam, Ram e così via. Troviamo riferimento alle divinità anche nei mantra Tantrici, ma prevalentemente per connetterci alle qualità energetiche che tali divinità rappresentano. Per esempio “Aim” è il mantra seme associato a Sarasvati che rappresenta l’intelletto e l’arte; questo mantra aiuta a stimolare la creatività.

 

Virginia: Hai accennato prima alla relazione tra spanda, la pulsazione che genera il cosmo, e i mantra. Credo sia un argomento interessantissimo, perché se siamo generalmente consapevoli della luce come energia generativa facciamo forse più fatica a capire la connessione tra suono e materia. Come possiamo avvicinarci a un tema tanto ampio ma anche tanto importante per capire il funzionamento della nostra realtà?

Massimo: Spesso il mio maestro ci ricorda che “tutto è vibrazione”. Per dare origine alla complessa realtà che viviamo, ogni vibrazione ha sue caratteristiche peculiari, una propria identità. La materia che costituisce il nostro corpo è determinata dai geni che abbiamo ricevuto dai nostri genitori e, più in generale, dai nostri progenitori. Per questo è molto importante non essere in conflitto con i nostri genitori e i nostri avi, altrimenti siamo in conflitto con l’energia vibrazionale dei nostri geni e quindi con noi stessi. Il suono è vibrazione delle molecole di aria e lo percepiamo attraverso il nostro apparato uditivo che produce segnali per il nostro cervello dove si produce la sensazione sonora. La sensazione sonora può provenire anche dal ricordo; credo che sia una esperienza comune quella di ricordare una certa musica e, in pratica, di ascoltarla nella nostra mente. Ma certe sensazioni sonore possono prodursi anche durante le pratiche yoga e provenire dalla dimensione interiore del nostro sé profondo anziché dall’esterno. Possiamo ripetere mantra a voce alta, producendo effettivamente dei suoni, oppure bisbigliarli, concentrandoci di più sul fenomeno riflessologico determinato dai movimenti dell’apparato fonatorio; possiamo ripetere mantra anche solo mentalmente ricordandone i loro suoni e “riproducendoli” nella nostra mente. La potenza generativa del suono è riconosciuta in molte culture. Nel Vangelo di Giovanni si legge “In principio era il Verbo … tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.”; un chiaro riferimento a un fenomeno sonoro come seme generatore della realtà. Nella tradizione sciamanica si usano suoni in forma di musica o formule verbali per curare corpo, mente e spirito. La letteratura su questi temi è abbondante. Ho trovato in “The yoga of sound” di Russill Paul (purtroppo non disponibile in italiano) un approccio organico e completo all’analisi del ruolo del suono nello yoga e considerazioni illuminanti sulla relazione tra suono e fenomeni naturali.

 

 

Intervista a cura di Virginia Farina, insegnante di Raja Yoga: un percorso di yoga e meditazione presso la Scuola di Yoga Centro Natura, e curatrice della parte dedicata allo yoga del Blog di Centro Natura.