Da prāṇāyāma a dhāranā: coltivare il respiro per coltivare la mente.

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Dialogo con Simona Ramazzotti
a cura di Virginia Farina per la Scuola di Yoga Centro Natura

Il primo appuntamento di approfondimento della Scuola di Yoga Centro Natura è, quest’anno, un appuntamento doppio, che attraverso un momento di approfondimento teorico e uno dedicato alla pratica in cui sperimentare ciò di cui si è parlato, ci permette di approcciare la meditazione in modo graduale, seguendo un filo che dalla consapevolezza del nostro respiro ci porta al cuore della nostra mente.
Gli incontri si svolgeranno giovedì 16 ottobre e giovedì 20 novembre dalle ore 21 alle 22 in presenza al Centro Natura con Simona Ramazzotti. Sono gratuiti e aperti a tutte/i.
Le abbiamo rivolto alcune domande per presentare questi incontri e farci dare alcune anticipazioni.

  • Virginia: Vuoi raccontarci come svolgerai questo percorso?

Simona: Nel primo incontro, quello teorico, faremo un excursus sulla storia e sulla pratica del respiro e su come questa porti, fra le altre cose, a dhāranā, la concentrazione. Si forniranno alcuni spunti allo scopo di mettere in luce le concezioni essenziali relative al prāṇāyāma. Approfondiremo anche alcuni aspetti teorici di dhāranā fra cui la sua funzione di introduzione alla meditazione. La parte pratica prevederà una sequenza che, partendo dall’osservazione del proprio respiro naturale e dal respiro frazionato e completo, arriverà ad un paio di tecniche di prāṇāyāma per approdare, idealmente, a uno stato di quiete.

  • Virginia: A chi è rivolto questo doppio appuntamento? È necessario avere già esperienza nello yoga per poter partecipare? 

Simona: Gli incontri sono rivolti a tutte le persone, praticanti o non praticanti di yoga e/o meditazione, che siano interessate ad approfondire dello yoga gli aspetti legati al respiro, all’introspezione, agli stati di quiete della mente e a come tentare di raggiungerli.

Chi non ha esperienza di queste pratiche potrà durante la parte teorica inquadrarle da un punto di vista storico nel percorso evolutivo dello yoga e poi nel secondo incontro farne esperienza diretta, semplice, alla portata di tutti, ma spero efficace. 

Chi ha già esperienza di pratica con il proprio respiro potrà trovare eventualmente qualche risposta ad alcune domande e magari vederne nascere altre che porteranno ad ulteriori approfondimenti, e potrà fare un percorso attraverso il respiro verso il silenzio. 

Chi non potesse frequentare entrambi gli incontri, può comunque partecipare a uno dei due. Potrà in ogni caso o cogliere gli aspetti teorici oppure fare un’esperienza di pratica guidata sul respiro con noi.

  • Virginia: Perché ritieni che questo approccio alla meditazione tramite il respiro sia così importante? Quale relazione c’è tra il respiro e la meditazione? 

Simona: L’importanza di questa relazione non è certo farina del mio sacco! Il rapporto stretto e biunivoco tra mente e respiro è un concetto antichissimo. Si trova per la prima volta nelle Upanishad, poi fra gli śramaṇa, in Patañjali… Durante il nostro primo incontro, quello teorico, faremo una sintetica carrellata della storia di questa relazione fondamentale. Giusto per darne un assaggio negli Yoga Sūtra Patañjali sostiene che la pratica del prāṇāyāma prepari la mente a ‘localizzarsi’ (ovvero concentrarsi) su una sola sede e che tale concentrazione prolungata nel tempo porti alla meditazione. Da quest’ultima scaturisce poi lo stato di samadhi che potremmo definire come una condizione di profonda concentrazione meditativa, nella quale si trascende l’identificazione con il sé individuale. Siamo a tutti gli effetti nel cuore dello yoga.

  • Virginia: La stretta relazione tra respiro e mente è qualcosa di cui tutti possiamo fare esperienza molto facilmente. Che l’uno influisca sull’altra e viceversa è facilmente esperibile. Lavorandoci ci accorgiamo presto, però, che tanto il respiro quanto la mente sfuggono al nostro controllo: non basta uno sforzo volitivo a calmarsi. Qual è, allora, il ruolo di prāṇāyāma?

Simona: Il controllo del respiro non è affatto scontato e infatti lo yoga vi dedica le sue attenzioni da tempo immemorabile. Nel termine stesso prāṇāyāma troviamo la radice verbale yam, ovvero controllare, sottoporre a restrizione, legare. Sin dall’antichità si è molto consapevoli del fatto che non si riesca facilmente a governare respiro e mente. Perciò si elaborano tecniche, dalle più semplici alle più complesse, che partono dal presupposto che il raggiungimento dell’obiettivo richieda esercizio, quello che noi oggi chiameremmo ‘allenamento’. Lo so che siamo abituati, quando si parla di allenamento oggi, a collegarlo al corpo, alla palestra, alla corsa, ecc. Ma in realtà così come alleniamo il corpo, allo stesso modo possiamo allenare il respiro, la mente, la concentrazione, ecc. È solo più difficile. È un percorso lungo, lento, complesso. Parafrasando la Bhagavadgītā potremmo dire ‘senza alcun dubbio l’organo mentale è difficile da dominare. Lo si padroneggia mediante la pratica assidua (abhyasa) e il distacco (vairagya)’. Per arrivarci al praticante di yoga sono richiesti pazienza, costanza nella pratica, accettazione delle difficoltà che si presentano sul percorso. Il prāṇāyāma è (anche) questo: uno strumento straordinario di trasformazione del nostro respiro e della nostra mente.

  • Virginia: Dhāranā è un passaggio cruciale e straordinario: è necessario imparare a “concentrare” la mente per permettere la sua espansione. Il termine concentrazione, però, rischia di trarci in inganno e di farci pensare a una chiusura o una costrizione. Dhāranā somiglia forse più a una forma di centratura, a un tornare in sé, al proprio “centro” da cui è possibile osservare ogni movimento in modo meno coinvolto e più preciso. Possiamo dire che assaporare dhāranā significa farci davvero presenti a ciò che è?

Simona: Dhāranā ha costituito probabilmente una delle più grandi scoperte psicologiche e spirituali dell’antica India. Gli antichi saggi hanno visto in questo atto fisico cosciente e volontario un’immensa potenzialità per giungere a modificare gli stati di coscienza e non solo. Dhāranā viene tradotto con ‘concentrazione’, termine che effettivamente rimanda all’idea di restringimento, contrazione, tensione, sforzo, ma significa letteralmente ciò che porta, ciò che sostiene, sostantivo femminile derivato dalla radice verbale dhri, i cui numerosi significati convergono tutti verso il doppio significato di sostegno e mantenimento. Meglio quindi parlare, più che di concentrazione, di ricentrare l’attenzione senza tensione oppure di ‘centrazione’, se esistesse. L’idea è di accogliere tutto ciò che entra nel campo della coscienza per quanto ordinario e banale, di osservare la realtà così com’è, perdendo l’attitudine a reagire continuamente. A mano a mano che la qualità della nostra osservazione migliora, il nostro silenzio si fa più profondo, la nostra reattività si placa, e allora saremo davvero presenti a ciò che è. Con che scopo? Di rendere le acque agitate un po’ più calme in modo che diventino limpide, più chiare e si possa vedere meglio attraverso. 

Gli incontri si svolgeranno giovedì 16 ottobre e giovedì 20 novembre 2025 dalle ore 21 alle 22 in presenza al Centro Natura

Sono gratuiti e aperti a tutte/i.

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