Dialogo con Simona Ramazzotti sugli Satkarman, pratiche di pulizia del corpo.
A cura di Virginia Farina per il Centro Natura.
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Era un pomeriggio di inizio ottobre quando Simona Ramazzotti, insegnante di yoga e coordinatrice della Scuola di Yoga del Centro Natura, mi ha proposto di incontrarci per parlare degli Satkarman, le svariate pratiche di pulizia del corpo che vanno dalla detersione delle narici al lavaggio completo dell’intestino. Non ho mai fatto una vera formazione su queste pratiche, pur conoscendone alcune, ma ne sono sempre stata incuriosita così le ho risposto entusiasticamente di sì. Abbiamo allora iniziato a confrontarci sui modi con cui avremmo potuto scriverne per il blog di Centro Natura, ma più andavamo avanti nel nostro dialogo e più ci accorgevamo di quanti fraintendimenti questo discorso poteva creare. Cosa intendiamo quando parliamo di pulizia? Perché è così importante per chi fa yoga avvicinarsi a queste pratiche? E come evitare che tutta l’ampiezza del discorso venga racchiusa in un’idea semplificata di salute? Queste e mille altre domande hanno iniziato a ronzarci in testa, portandoci a scrivere e riscrivere le tracce di questo dialogo fino a metterlo finalmente davvero a fuoco. Ne è nata quest’intervista che, raccogliendo la lunga esperienza di Simona, ci ha permesso di renderla fruibile sia per chi già conosce queste pratiche sia per chi ci si avvicina per la prima volta.
Buona lettura!
Virginia: Partiamo dai fondamentali: cosa vuol dire Satkriya o Satkarman? Perché ci dovrebbero interessare o perché dovremmo praticarli?
Simona: Sat significa letteralmente sei, kriya o karman azioni, pratiche, tecniche. Quindi il nome allude semplicemente alle sei macroaree del corpo coinvolte nelle pulizie (a grandi linee stomaco, intestino, vie nasali, occhi, di nuovo addome, testa).
Perché farle? Gli Satkriya si basano sul concetto che fintantoché il corpo sarà carico di sostanze che contribuiscono a affaticamento fisico e mentale oppure che rendono l’individuo irritabile e distratto, gli effetti che le pratiche dello yoga potranno avere sul praticante saranno limitati. Per praticare yoga o meglio per ottenere effetti dalle pratiche yogiche è necessario un livello di pulizia interna del corpo differente da ciò che comunemente s’intende per igiene.
Gli Satkriya quindi non solo sono a tutti gli effetti parte integrante della pratica dello yoga, ma anzi sono propedeutici alla pratica, perché dovrebbero predisporre il corpo alla pratica stessa. È importante che il nostro corpo sia il più possibile ‘pulito’ e pronto a ricevere le pratiche dello yoga per far sì che esse possano dare frutti senza trovare ostacoli alla loro efficacia.
Virginia: Vista così sembra paradossale che molti praticanti e anche insegnanti di yoga non conoscano queste tecniche e soprattutto non le pratichino.
Simona: Eh sì, è proprio così. Molti o non le conoscono o le conoscono ma preferiscono ignorarle. Le relegano fra le pratiche astruse degli eccentrici yogi dell’antichità che poco hanno a che fare con noi e con lo yoga contemporaneo. Pensano che non siano così fondamentali, che il ‘loro yoga’ non le includa, ecc. Vi assicuro che non è affatto così. Queste pratiche dovrebbero davvero interessare tutti i praticanti di yoga. Sono indicazioni/norme/tecniche che hanno un valore igienico ma anche una forte spinta trasformativa.
Risalgono circa all’anno 1000 della nostra era e fanno a tutti gli effetti parte della tradizione dell’hatha yoga. Ci tengo molto a questo richiamo alla tradizione non tanto per la tradizione in sé, ma perché tornare alle origini di una disciplina a volte, come in questo caso, può restituirle spessore e profondità, è utile per andare a ritrovare pratiche che hanno contribuito a rendere lo yoga la pratica trasformativa e profonda che è.
Virginia: Prima accennavi al fatto di predisporre il corpo alla pratica al fine di raggiungere gli obiettivi dello yoga. Puoi approfondire il concetto?
Simona: Volentieri! Uno dei grandi fraintendimenti dello yoga contemporaneo è che il corpo viene confuso con il fine della pratica, mentre in realtà ne è il mezzo.
Mi spiego meglio. In una società come la nostra, dominata dalle immagini e in particolare dalle immagini di corpi giovani, perfetti, asciutti, in forma, una pratica come quella dello yoga che contribuisce a mantenerci in forma fisicamente, che di certo plasma il corpo, che … si presta perfettamente all’equivoco. Faccio yoga così sono in forma, magra, sempre giovane, ecc e in più dando a tutto questo un tocco di esotismo e spiritualità. Meglio di così non si può! Quindi il corpo fisico è il fine della pratica, giusto? Eh no, in realtà il corpo fisico nella pratica sarebbe il mezzo, ovvero lo strumento che uso, di cui dispongo e che adopero per cercare di raggiungere gli obiettivi dello yoga che nel caso di Patañjali, a cui per lo più diversi di noi si riferiscono, sono la cessazione dei vortici della mente. Guardando da questo punto di vista si capisce meglio quello che dicevo sopra, ovvero che il corpo nello yoga è il mezzo della pratica e non il fine, e si capiscono meglio quindi le implicazioni delle pratiche di pulizia per mantenere il nostro ‘strumento’ pulito, sano, pronto per le pratiche che eseguiamo per suo tramite con il fine di avvicinarci agli obiettivi dello yoga.
Virginia: Mi sembra di capire che il corpo così diventi centrale. A questo punto ti chiederei, parlando qui di tecniche di pulizia, di chiarire che cosa andiamo esattamente a pulire, ovvero qual è l’oggetto della nostra pulizia?
Simona: Puliamo il corpo, o per meglio dire i corpi. Già perché secondo la visione dello yoga ognuno di noi non ha un corpo, ma più di uno, per la precisione cinque. Il corpo fisico come noi lo intendiamo non solo non è l’unico, ma da solo non è per esempio sufficiente ai fini dello stato di salute. Non mi sembra la sede questa per entrare in una lunga digressione sull’argomento. Accenno solamente al fatto che la teoria dei corpi la troviamo nella Taittiriya Upanisad (8°-7° sec a.C.), un testo arcaico appartenente alla tradizione vedica e di difficile interpretazione. In estrema sintesi si identificano negli esseri umani cinque diversi livelli o involucri dell’essere (pañca kośa), tipo gli strati di una cipolla o le bamboline di una matrioska, che coesistono e variano dal più grossolano al più sottile: il corpo fisico (l’involucro più esterno), il corpo pranico, il corpo mentale, il corpo intellettuale e il corpo della beatitudine, quello più interno, il più vicino all’atman, al sé. La demarcazione fra i vari involucri è ovviamente teorica e ogni involucro si fonde con quello contiguo. Bastano questi pochi accenni credo per fare intuire che non siamo fatti solo di corpo fisico e quindi intuire che la finalità delle tecniche di pulizia non è soltanto di liberarsi per esempio della sinusite o dalla stitichezza. Questi sono effetti importanti, ma che riguardano solo uno dei nostri corpi, il corpo fisico. Le tecniche di purificazione sono al contrario un modo per esplorare i vari involucri dell’esistenza partendo dalla nostra periferia, il corpo fisico, e procedendo via via fino al centro del nostro essere, l’atman.
Virginia: So che ci tieni molto a parlare di etica in rapporto a queste pratiche. A me viene in mente di certo śauca, la pulizia appunto. Ma perché estendere il discorso anche alle altre yama e niyama (pratiche di comportamento secondo l’etica dello yoga)?
Simona: Può sembrare strano parlare di etica in un discorso sulla pulizia dell’intestino o delle narici, ma il concetto fondamentale da introiettare a mio avviso è che anche l’etica nello yoga mira alla pulizia di tutti e cinque i nostri involucri, fisici, energetici, mentali, ecc, esattamente come le pratiche di pulizia interna. Certamente śauca in primo luogo. Sappiamo che il tema della pulizia nello yoga è molto sviluppato: pulizia esterna ma soprattutto interna che entra in un ambito decisamente diverso rispetto al solo concetto di igiene e arriva fino alla pulizia della mente, molto interessante, di cui la meditazione è un esempio. Negli Yogasūtra 2.41 Patañjali recita testualmente: ‘Dalla pulizia sorgono le idoneità alla limpidezza dell’intelletto, alla serenità, all’acume monofocale, alla padronanza dei sensi e alla visione del sé’. Ovvero la pulizia porta lucidità. Da che cosa bisogna pulirsi? Beh, ovviamente pulizia come igiene personale del corpo, degli abiti, dell’ambiente, ma anche pulizia interna del corpo dalle tossine che accumuliamo, tossine fisiche, pulizia della mente dall’inquinamento psichico che è fatto da tante cose (pensieri negativi, ideologie, rigidità, preconcetti, dogmatismi, condizionamenti, …), pulizia del corpo emotivo da emozioni disturbanti, paura, irritazione, ansia… Ma dicevamo non solo śauca (purificazione). Per esempio, la non violenza (ahimsā) non è solo il non agire fisicamente in maniera violenta, ma è anche il non pensare in maniera violenta, il non sentire in maniera violenta. E questo ha decisamente a che fare con la pulizia della mente, dei gesti, delle intenzioni, … Oppure ancora pensiamo a satya – la verità – se non è importante per la pulizia fisica, mentale, energetica! E potrei continuare. Quindi ci soffermiamo in particolare su śauca, perché sembra più direttamente collegata al tema, però in realtà tutte le indicazioni etiche dello yoga sono collegate al tema.
Virginia: Credo che ora sia tutto molto più chiaro. Ci hai offerto tantissimi elementi per capire gli Satkarman e apprezzarli meglio. Ti andrebbe a questo punto di darci una carrellata delle principali pratiche?
Simona: Prima di elencarle ci tengo ad aggiungere un avvertimento molto importante. NON AVVENTURATEVI DA SOLI PER QUESTA STRADA! Stiamo parlando di pratiche decisamente particolari che è bene eseguire la prima volta sotto la guida di un insegnante esperto che le pratica su di sé da tempo e che è formato per insegnarle ad altri. Quindi sconsiglio la prima volta il fai da te. Affidatevi ad insegnanti esperti che ve le sappiano spiegare e che vi sappiano guidare in sicurezza. Ed eccole, finalmente, le principali e più significative pratiche di pulizia interna: pulizia dell’intestino e dello stomaco (ne esistono varie forme che includono l’utilizzo di acqua e sale, di garze ma anche ‘solo’ di movimenti dell’addome come le più note uddiyāna- bandha, agnisāra e nauli), pulizia della lingua, delle fosse nasali, dello ‘sguardo’, ovvero dei canali lacrimali, del ‘cranio’, ovvero della mente. Sono tutte pratiche bellissime, molto efficaci, che sono esse stesse tramite fra una dimensione fisica e una più sottile. Un mondo veramente affascinante, con grandissime potenzialità trasformative.
Virginia: Arrivati a questo punto c’è qualcosa che vorresti aggiungere a proposito di queste pratiche?
Simona: Sì, oltre a tutti i motivi di cui sopra che hanno fatto di me da tantissimi anni un’appassionata praticante e insegnante di queste tecniche, vorrei citare ancora un paio di elementi che ritengo rilevanti. Queste tecniche sono ‘non violente’, non dolorose, di rapporto diretto di ognuno di noi con l’interno del proprio corpo. Ovvero, per esempio, rispetto alla idrocolonterapia il lavaggio dell’intestino ha tutta un’altra modalità (l’acqua NON viene spinta dentro al corpo a pressione, bensì bevuta e lasciata scorrere in direzione della forza di gravità facilitandone la discesa con semplici movimenti del corpo). Oppure rispetto alle irrigazioni nasali termali il lavaggio delle narici avviene facendo entrare senza nessun tipo di pressione l’acqua all’interno di una narice e lasciandole il tempo per fare il passaggio nell’altra narice grazie all’inclinazione della testa e di nuovo alla gravità. Un altro elemento importante è che, in un mondo dove lo yoga è ormai un business planetario, un vero e proprio ‘supermercato della spiritualità’, queste tecniche sono a costo zero, ovvero dopo averle eseguite per la prima volta sotto la guida di un insegnante, poi si possono ripetere a casa per proprio conto avendo bisogno solo di acqua, sale e un po’ di tempo. Potrei continuare ma lascerei piuttosto aperta la possibilità a chi le pratica di aprire un dialogo con me, di scrivermi e di essere loro a continuare questa lista di elementi che rendono queste pratiche così speciali.
Virginia: Tutto molto bello e interessate ma da dove partire? Se le tue parole mi avessero conquistata e volessi iniziare a praticare queste tecniche, cosa suggerisci di fare?
Simona: Bella domanda. La prima cosa fondamentale da prefiggersi è un cambiamento di visione: pensare al proprio corpo non come una cosa di cui occuparsi quando non sta bene oppure per renderlo bello esteticamente, ma come un mezzo di cui ‘fare manutenzione’ attraverso diverse tecniche che sono state sperimentate e trasmesse dagli yogi del passato, ai fini della pratica dello yoga. Suggerisco anche di iniziare un po’ a documentarsi, a leggere, a informarsi, magari a cercare insegnanti che le conoscano, le pratichino da tempo e le trasmettano. Per quel che ci riguarda al Centro Natura da sempre dedichiamo attenzione e spazio a queste pratiche. Diverse vengono proposte a lezione, altre che durante un normale corso non si possono eseguire, le proponiamo seminarialmente. E periodicamente teniamo incontri teorici gratuiti aperti per approfondirle a livello teorico. Il prossimo incontro sarà venerdì 12 aprile 2024 alle ore 20.30. Chi è interessato, si può tenere in contatto tramite la newsletter oppure i canali social del Centro Natura.
Virginia: Per concludere, Simona, vorrei ringraziarti per averci permesso di avvicinare un tema così interessante ma poco dibattuto, in modo semplice e approfondito. Ci hai permesso di comprendere perché queste pratiche siano fondamentali per avvicinarci allo yoga nella sua complessità e ricchezza, e forse ora non ci suonerà più così strano pensare che per acquietare la mente dobbiamo passare anche… dal nostro intestino!