All’inizio è solo un corso di yoga, un’ora alla settimana o poco più in cui ci rifugiamo per riprendere fiato nella nostra fitta quotidianità. Poi poco a poco qualcosa può iniziare a crescere in noi, ci accorgiamo che stiamo meglio, che il nostro corpo è come risvegliato, il nostro respiro più profondo, la nostra mente un pochino più tranquilla, e allora possiamo iniziare a desiderare di intensificare la nostra frequentazione dello yoga. Potremmo allora voler aumentare le ore di pratica con un insegnante e provare a ricavare sempre più spazio tra i nostri impegni per dedicarci all’approfondimento e allo studio. Ma non per tutti questa via può essere praticabile e nel lungo tempo anche una dedizione tanto grande può nascondere un’insidia: farci fuggire dalla nostra vita e relegare lo yoga a una condizione e a un luogo ideale. È allora fondamentale che accanto alla pratica formale cresca in noi anche l’attenzione al nostro modo di essere nella vita quotidiana. Perché il modo in cui siamo nel tappetino e nelle nostre varie attività, il nostro atteggiamento di fondo, fatto di forza o di timore, di pazienza e di voracità, non è poi così diverso. Anzi, il tappetino può essere un luogo protetto in cui osservarci con maggiore attenzione, scoprire quali tendenze, anche inaspettate, ci abitano e la nostra quotidianità può diventare un banco di prova in cui sperimentare quelle intuizioni che ci sono arrivate proprio nei momenti in cui lo yoga ci ha permesso di sentirci davvero presenti.
Approcciarci allo yoga in questo modo sicuramente non è facile e ci chiede di abbandonare l’idea che esso sia esclusivamente una sequenza di asana eseguita sul tappetino, ma come riuscire allora a farne una pratica davvero diffusa nelle nostre giornate?
Credo non ci sia un modo soltanto, ma molti modi per tenere vivo in noi quel senso di benessere, di interezza e di apertura che sperimentiamo attraverso la pratica e qui vorrei provare a proporvi alcuni spunti. Per questo ho raccolto i suggerimenti e le riflessioni degli altri insegnanti della Scuola di Yoga del Centro Natura ed è proprio grazie ai loro contributi che posso provare a tracciare più prospettive, più possibilità, in modo che ciascuno possa ritrovare quella che più gli somiglia. E se nessuno di questi spunti davvero vi corrisponde spero possano comunque essere stimolo di altre possibilità ancora, perché si può diventare davvero creativi nell’interpretare una pratica e portarla nella nostra quotidianità.
Riprendere fiato: piccoli richiami di attenzione al respiro
La pratica dello yoga ci dona poco a poco un livello di attenzione più alto: vi è mai capitato di uscire da lavoro, da casa, da una situazione nella quale vi trovate spesso immersi e immerse e fare un lungo sospiro? Prestate attenzione a come respirate nei vari momenti della giornata? Un piccolo esercizio prezioso da cui iniziare potrebbe essere proprio quello di fermarci ogni tanto, a prescindere da ciò che stiamo facendo. Alcuni usano una piccola sveglia, una suoneria del telefono o un’app programmata per suonare una campana a intervalli regolari, ma può andar bene anche soltanto fermarci non appena ce ne ricordiamo. E una volta fermi semplicemente osservarci, senza giudizio, senza pensare a cosa sia giusto o sbagliato, ma semplicemente portando l’attenzione a ciò che riconosciamo: un respiro corto, un po’ affannoso, o più disteso, un respiro alto oppure calato nel movimento dell’addome. Prendiamo spazio e fiato insieme, qualche istante, tre quattro respiri e poi ripartiamo. All’inizio possiamo semplicemente rimanere con il respiro naturale, poi piano approfondire e accompagnare l’espiro in modo da assicurarci di svuotare pienamente i polmoni e quindi riprendere a respirare in modo completo. È davvero un impegno minimo, ma possiamo garantirvi che i suoi benefici sono enormi, e che poco a poco sarà sempre più naturale concedersi e restare in queste pause.
Abitare la soglia
Ci sono momenti della giornata in cui è più facile dedicarci a quelle piccole pratiche che ci aiutano a stare bene, momenti in cui queste pratiche diventano dei rituali che poi si ripetono quasi spontaneamente senza che ne percepiamo lo sforzo. Questi momenti sono come delle soglie tra una condizione del corpo e della mente e un’altra, come quella tra il sonno e la veglia e viceversa. Possiamo partire al mattino sparati e buttarci giù dal letto per iniziare da subito a rincorrere la giornata e così alla sera possiamo abbandonarci su un divano senza accorgerci del sonno che arriva. Oppure possiamo approfittare di quella piccola sospensione che c’è prima che la mente si attivi sulle cose da fare o dopo che abbiamo la percezione di averle, almeno per quel giorno, concluse, per fare una piccola sequenza di movimenti e posizioni, per sederci in ascolto, con gli occhi chiusi e lo sguardo presente ma ancora non del tutto occupato, in una dimensione dove possiamo cogliere dentro di noi ma anche intorno a noi quei mutamenti che scandiscono i cicli di luce e di buio, di attività e riposo. Essere in accordo con questi cicli, piuttosto che in contrasto, non solo è uno degli insegnamenti fondamentali dello yoga, ma può rivelarsi un’inaspettata risorsa di benessere ed energia.
Radicarci lì dove siamo
Ci sono posizioni che hanno bisogno di un tappetino e altre che possiamo assumere come postura anche quando siamo immersi nella nostra vita. Pensiamo allo stare in piedi, che lo yoga riconosce come una posizione vera e propria in samasthiti: il pieno equilibrio degli appoggi dei piedi nell’allineamento del corpo e della colonna. Attraverso la rieducazione della sensibilità dei nostri piedi possiamo allora poco a poco recuperare quella sensazione interna di equilibrio che ci può accompagnare anche mentre siamo in piedi alla fermata dell’autobus o in attesa di qualcuno. Come scarico il mio peso? Posso portare l’attenzione alle piante dei piedi in modo da sentirle aperte e davvero in relazione con il suolo? Come cambia la mia percezione del corpo quando ritrovo la consapevolezza del mio peso e di come posso lasciarlo scaricare a terra attraverso i piedi senza ingombrare tanto le spalle? E come cambia la mia percezione delle cose quando la postura si riorganizza? Anche qui, bastano pochissimi istanti per ritrovarci centrati e più presenti a ciò che stiamo vivendo. Per familiarizzare anche con le nostre abitudini, riconoscendo quali sono le posture che tendiamo ad assumere, i luoghi dove le tensioni tendono a depositarsi e piano piano lasciare che ciò che ci crea disagio possa poco a poco cambiare.
Meditare sulle piccole cose
Credo che per tutti noi la giornata sia spesso scandita da attività che spesso facciamo controvoglia e che proprio per questo tendiamo ad affrontare con il pilota automatico inserito e con un solo obiettivo: finire il prima possibile. Come lavare i piatti, ad esempio, o pulire il bagno, o riordinare casa. Potremmo provare a concederci una volta di farlo senza lasciar andare la mente altrove, magari trasformando il nostro lavoro in un’esperienza sensoriale per cogliere la temperatura dell’acqua, la testura delle superfici, il tipo di luce e di ambiente che ci circonda. Se cerchiamo di entrare nell’attività con tutto il corpo potremmo iniziare a percepirle in modo diverso, sviluppando la concentrazione e insieme la consapevolezza di ciò che facciamo e di come lo facciamo. Pensiamo a come potrebbe cambiare il cucinare in questo modo e lo stesso mangiare, se davvero ci concediamo di essere pienamente presenti a tutti i colori del cibo, ai suoi sapori, alle sue svariate consistenze. Potremmo forse scoprire che il nutrimento di un pasto non è solo nelle calorie di un boccone, ma anche nella gioia che esso può sprigionare quando lo mastichiamo con tutta la nostra attenzione.
Orientarci sui principi
Un altro modo di portare lo yoga nella nostra vita è quello di fare nostri i suoi principi, elaborandoli attraverso i nostri vissuti fino a sentire che sono parte di noi. Uno per tutti: sthirasukham, l’incontro di agio e intensità. Ci è possibile ricavare uno spazio di respiro e apertura anche nei momenti che ci chiedono più forza? Possiamo rimanere presenti, vigili, anche quando ci lasciamo andare? Permettere ai princìpi dello yoga di informare le nostre azioni significa scoprire altre possibilità tra aspetti apparentemente contraddittori e passare da un pensiero dove vediamo la contrapposizione, o l’uno o l’altro aspetto, ad uno in cui diventa possibile integrarli, uno e l’altro: è possibile essere forti e anche pieni di tenerezza. Sperimentarci in questa direzione significa iniziare ad accorgerci di tutti i momenti in cui ci sentiamo separati, divisi e provare a connettere ciò che ci sembra inconciliabile. Non è detto che ci riusciremo sempre, ma anche solo il tentativo potrebbe aprirci a strade e soluzioni totalmente inaspettate.
Scoprirci diversi
C’è infine un altro modo con cui lo yoga entra nella nostra quotidianità e se fino a qui abbiamo provato a descrivere azioni e piccole strategie, quest’ultima modalità può definirsi piuttosto come un accadimento quasi involontario, come un sorprendersi in un modo diverso da come ci si saremmo aspettati di essere o di reagire. Può accadere, ad esempio, che dopo un tempo sufficientemente lungo di pratica ci si scopra meno arrabbiati, più pazienti in alcune situazioni che in altri momenti ci hanno esasperato, oppure abitati da pensieri improvvisamente più grandi. Sri Krishnamacharya, maestro di Desikachar, Iyengar e Gerard Blitz, più e più volte ha ribadito che il vero scopo dello yoga non è quello di donare al corpo salute e benessere, queste semmai sono conseguenze. Il suo scopo primario è risvegliare il cuore, il senso del sacro in noi, di un sacro così difficile da pronunciare finché rimane un precetto morale dettato dall’esterno, ma che può essere un’esperienza radicale e anche sconvolgente quando ci fiorisce dall’interno. È come se poco a poco non solo le rigidità fisiche, ma anche quelle psichiche si allentassero e tra le maglie del nostro io iniziassimo a riconoscere tutte le connessioni, le relazioni, le reciprocità che ci rendono parte della vita prima e dopo di noi, della vita dentro e fuori di noi. Ed è lì che davvero il nostro sguardo si fa così ampio e nitido da riconoscere che non ci sono cesure tra i luoghi e i momenti dello yoga e quelli del nostro quotidiano, ma ognuno di essi può essere significativo e prezioso nel continuo fluire della nostra vita.
Testo curato da Virginia Farina, insegnante di Raja Yoga: un percorso di yoga e meditazione presso la Scuola di Yoga Centro Natura