Introduzione a Yama e Niyama. Le radici della pratica*

Al momento stai visualizzando Introduzione a Yama e Niyama.  Le radici della pratica*
  • Categoria dell'articolo:Blog "Al Centro"
  • Tempo di lettura:7 mins read

A cura della Scuola di Yoga Centro Natura

*Questo articolo è la rielaborazione della parte introduttiva dell’incontro su yama e niyama tenuto da Simona Ramazzotti il 9 maggio 2025.

 

L’idea che lo yoga riguardi soprattutto la nostra capacità di assumere o meno determinate posizioni è oggi piuttosto radicata. È per questo che periodicamente proponiamo incontri e riflessioni sugli aspetti meno evidenti ma molto importanti dello yoga, così da poterli integrare nel nostro percorso.

L’etica è fra questi: un aspetto fondante dello yoga, tanto che nei suoi Yoga Sutra Patanjali ne fa i primi due elementi del percorso yogico.

Vorremmo, quindi, presentarvi la visione in cui questi princìpi nascono e la loro relazione con la pratica dello yoga.

I principi
Lo yoga inizia dall’etica. Anche se questo aspetto non viene esplicitato subito in un percorso di yoga, esso ne è parte integrante già nel momento in cui entriamo in una nuova relazione con il nostro corpo. Per questa ragione accade spesso che, quando questi princìpi vengono poi illustrati dall’insegnante, ci si sorprenda nel riconoscere che tramite la pratica stanno già ‘avvenendo’ in noi in modo spontaneo e quasi involontario, come una trasformazione naturale.

La comprensione di yama e niyama, che sono le due articolazioni fondamentali dell’etica nello yoga, non può allora essere meramente intellettuale, ma profonda. Con un termine inglese difficilmente traducibile potremmo dire embodied, una comprensione ‘incorporata’.

Le riflessioni che condividiamo qui si basano su un lungo percorso che tanto deve a insegnanti come Mariella Lancia, Ysé Tardan Masquelier o a Federico Squarcini e ad altri docenti e ricercatori che qualche anno fa vennero invitati da YANI (Yoga Associazione Nazionale Insegnanti) durante un importantissimo convegno organizzato dall’associazione e dedicato proprio al tema dell’etica.
Torneremo più avanti su alcuni contributi di quel convegno. Qui vogliamo citare una delle domande provocatorie e illuminanti che ci pose il prof. Squarcini, ovvero: ‘Nel mondo in cui viviamo di cosa si deve occupare chi fa yoga se non di etica? Del nuovo completino di marca da spianare sul tappetino o del nuovo attrezzo con cui fare le posizioni capovolte?’

Dall’ideale alla pratica dell’etica
La nostra è, indubitabilmente, un’epoca di crisi di valori, di problemi nuovi per l’umanità che generano grande sofferenza. In che modo tutto questo ci riguarda come praticanti di yoga?
Come e quando lo yoga si è occupato o si occupa di etica?
In realtà, lo yoga si interroga su questi temi fin dall’inizio della sua storia. Diversi princìpi etici si trovano, almeno in parte, nominati già nelle Upanishad o nel Mahabharata e trovano poi negli Yoga Sutra una definizione strutturata. Vale forse la pena ricordare che gli Yoga Sutra, risalenti al IV secolo d.C., pur non essendo il primo testo sullo yoga, ne fanno una prima vera sistematizzazione. Sono composti da 195 sutra, ovvero aforismi, ed è interessante che di questi ben 16 si occupino di etica, mentre soltanto 3 parlino di posizioni.
L’etica che ci presenta Patanjali non si definisce come una serie di comandamenti morali, ma ha a che fare con la conoscenza di sé, con la consapevolezza di ciò che dall’interno ci muove. 

Dalla comprensione alla consapevolezza di sé
L’etica viene contestualizzata, dunque, nel discorso più ampio sui klesha, ovvero le sofferenze o afflizioni che colpiscono l’essere umano, e che per Patanjali sono cinque: raga o attrazione; dvesa o repulsione, avversione per qualcosa; asmita, l’egoità o il senso dell’io, identificazione con l’io; avidya, tradotta come ignoranza che è il non vedere come letteralmente stanno le cose, e abhinivesha, l’attaccamento ostinato alla vita, quella paura della morte che comporta un certo tipo di atteggiamento nelle scelte che facciamo nella vita.

Yama e niyama, con i loro princìpi, lavorano soprattutto sulle relazioni di attrazione e repulsione, e ci permettono di riconoscere in ogni movimento, tanto di repulsione che di attrazione, dove si colloca il nostro io. Si tratta, lo ribadiamo, di una sorta di mappatura del funzionamento del nostro io, che non si propone di giudicare i nostri comportamenti come giusti o sbagliati, ma ci permette di conoscerli, di comprenderne le origini più profonde e eventualmente di cambiarli.
Per fare un esempio, il primo yama degli Yoga Sutra dedicato ad ahimsa (non violenza) non ci vuole dire che se non uccidiamo siamo bravi e che se invece, al contrario, compiamo un omicidio siamo cattivi. Piuttosto il sutra è un invito a indagare il nostro posizionamento rispetto alla violenza. Patanjali afferma che se non proviamo, pensiamo o usiamo violenza, ‘viene meno l’ostilità’. Cade, dunque, quello che è alla base di ogni violenza. È nella mente, quindi, che dobbiamo lavorare per fare cadere l’ostilità.
Questo è un punto fondamentale che, se pur difficile, ci propone un approccio radicalmente diverso rispetto a quello di una mera istanza morale.

Yama e niyama sono, dunque, occasione per iniziare a coltivare la condizione fondamentale detta viveka-darshan, in cui ci diventa possibile discernere le cose e vedere chiaramente la nostra natura, come siamo veramente.
L’etica nello yoga ha, quindi, un carattere evolutivo e molto concreto: è quello strumento che ci permette di sciogliere le nostre sofferenze mentali e alleviare i disagi nella nostra vita personale.
Per questo yama e niyama, come asana (le posizioni) e pranayama (le pratiche respiratorie), non sono solo idee e tantomeno precetti, ma vere e proprie pratiche di evoluzione e trasformazione del/della praticante.

Etica e morale
Prima di concludere questa introduzione vale la pena soffermarci ancora un momento sulla differenza tra la prospettiva etica e quella morale. Dal punto di vista etimologico non ci sono grandi differenze tra queste due parole, se non nell’origine greca della prima e latina dell’altra. I loro significati sono inizialmente quasi sovrapponibili nel riferimento agli usi e ai costumi di un popolo o di un individuo. Oggi, però, le due parole si sono decisamente differenziate: la morale è definibile come un costrutto, quella serie di norme, indicazioni o regole, elaborate da culture o civiltà e trasmesse per tradizione o educazione. Spesso queste norme sono scritte in codici e fanno riferimento a un’autorità esterna da noi. L’etica, invece, è l’arte del “volere ciò che è buono”, è l’arte di vivere bene e di riconoscere ciò che è di beneficio sia individualmente che collettivamente. C’è un’adesione volontaria ai princìpi che possono definire l’etica, un riconoscimento di valore che non è imposto dall’esterno, ma si configura come una comprensione maturata all’interno di un individuo o di un gruppo.
Questa differenza, come possiamo ben capire, è cruciale per un praticante.
Sono illuminanti a questo proposito due contributi emersi nel convegno della YANI a cui abbiamo accennato all’inizio.
Il primo è di Luca Mori, docente di Storia della Filosofia, ideatore e direttore della collana  “Filosofie dell’esercizio”: ‘L’etica è positiva, la morale interdice. Lo yoga come tutte le antropotecniche, ovvero le tecniche che migliorano il proprio stare al mondo, è una modalità di cambiamento di visione, di trasformazione della visione delle cose che cambia il proprio comportamento. L’educazione ci dà un habitus, la morale, che noi non abbiamo scelto. L’etica cambia l’habitus, attraverso una scelta preliminare. Scelgo lo yoga, lo yoga come metodo da indossare incessantemente e non solo quando sono sul tappetino due volte la settimana. Lo yoga come una scelta etica di comportamento’.

Il secondo spunto è di Federico Squarcini, docente di religioni e filosofie dell’India a Cà Foscari, nonché ideatore e direttore del Master in Yoga Studies della stessa università: ‘Yama e niyama non sono un manifesto etico, non sono un testo da tenere sugli scaffali.  Il quesito etico nello yoga penetra nella carne e nelle viscere. Lo yoga è una filosofia che ha pensato alla relazione tra l’essere e il mondo e guida nell’azione. Una saggezza pratica: questo è. Se prendiamo yama e niyama come una sorta di virtù contemplativa distaccata dall’azione ci sbagliamo: lo yoga è una filosofia pratica. L’etica, che ne è una parte, è a sua volta da praticare. Anche le discipline etiche sono degli esercizi. Yama e niyama non sono una filosofia, non sono una speculazione intellettuale, ma una saggezza da vivere. L’idea è di trasferire l’etica sul tappetino, nel corpo, nel respiro, nelle azioni, nella vita’.

Noi speriamo che queste parole vi abbiano ispirato e da parte nostra come insegnanti della Scuola di Yoga Centro Natura faremo sempre del nostro meglio per far sì che nella pratica e attraverso la pratica possiamo tutti continuare a coltivare questi aspetti.

Condividi